Nicola Lucini
Tutti i giorni del lockdown li ho passati per strada a documentare questo disastro e ad immaginare la realtà del domani. Ed è proprio questa eccitazione che più mi fa paura: il contrasto tra la mia indomabile e febbrile curiosità per la vita ed il dolore che la vita stessa infligge in modo così distaccato e crudele. E niente è più crudele di come questa malattia faccia morire le persone, sole, senza il conforto dei loro cari. Muoiono con un tubo in gola. L’ultima volta che sono stati coscienti non se lo ricorda nessuno. I parenti hanno visto i loro cari entrare in ospedale e poi più niente. Non possono fare niente, salvo aspettare attaccati al telefono. Per giorni. Tanto che quando arriva la notizia sono ormai abituati all’idea della perdita. La mia paura più profonda è di non riuscire ad essere in empatia con tutto questo, travolto dal desiderio di stare in prima linea e vivere da protagonista l’eccezionalità di questo momento.