FÙCUR | La parte di ∀
Con splendidi movimenti lenti e solenni il drago si avvicinava ondeggiando
nell’aria in curve sinuose, e durante il volo, baldanzosamente, si rigirò un paio
di volte a pancia in su, disegnando nel cielo anelli rapidi come il lampo, che
lo fecero sembrare una candida fiamma guizzante.
Michael Ende, La storia infinita
È in volo nel Tempietto di Santa Croce l’opera d’arte che Barbara Ventura, insieme ai ragazzi dell’oratorio di
Celadina, ha realizzato durante il caldo mese estivo di CRE. Galleggia nell’aria, perché intrisa di quella
leggerezza che solo sane relazioni collaborative sanno generare. Si ritorce nello spazio mostrando tutta la
sua complessità strutturale, ottenuta – come tutte le cose belle e di valore – dall’unione di singoli elementi
semplici e purissimi. Punto di partenza sono stati infatti circa 800 fogli quadrati di carta pietra (80%
carbonato di calcio, 20% polietilene ad alta densità) di diverse dimensioni. Attraverso la tecnica dell’origami
modulare, poi, ogni piega è diventata funzionale alla realizzazione di una scultura che trova nel naturale
incastro dei vari moduli la sua forza costitutiva. Infatti, il congeniale processo di piegatura crea ‘alette’ e
‘tasche’ per cui ogni modulo si salda al precedente e al successivo, seguendo la logica per cui il lavoro di
uno trova senso solo se capace di incastrarsi con quello dell’altro. Ciascuno, investito dell’imprescindibile, è
diventato quella goccia d’acqua de “La parte del colibrì” (Pierre Rabhi) capace di spegnere un incendio nella
savana. Di diventare tempesta. Di far emergere la propria singolarissima voce, riecheggiante nel tempietto
tra monito e accompagnamento del visitatore.
La realizzazione dell’opera è diventata per i ragazzi vera ‘esperienza’: sempre ‘propria’, ma mai ‘di nostra
proprietà’. Niente che si possa decidere, tanto da cui farsi investire. È stato uno scontro con la realtà
accompagnato da forti consapevolezze: i biglietti, ispirati alla tecnica del tanzaku giapponese, contengono
dietro ogni singolo nome un desiderio, una presa di posizione e un impegno per il domani.
L’opera non assale il visitatore ma lo accompagna verso l’alto, in un volo lento, oltre le finestrelle del
tempietto. È un drago a cui tenersi ben saldi perché racchiude nel suo librarsi il segreto per una con-vivenza
forte e matura. È un atto di responsabilità verso le nuove generazioni, piccoli colibrì che possono fare la
rivoluzione. È rappresentazione dell’aiuto che ha avuto Atreiu, ne La storia infinita, per scegliere la strada
giusta. Proprio da un drago. Si chiamava Fùcur. (testo di Chiara Del Monte)