Chiara Geroldi
Sarò banale ma la paura in questo periodo per me è legata all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, quando mio padre è stato ricoverato e abbiamo scoperto che era malato di covid-19 non ho avuto subito paura, ho pensato che poteva guarire velocemente, non necessariamente doveva aggravarsi, invece all’improvviso, un pomeriggio, mentre aspettavo gli esiti della tac che gli avevano fatto, sono stata avvicinata da un dottore che mi ha detto “venga, le dobbiamo parlare” e lì mi è scattata la paura, poi ci sono stati dei miglioramenti, sembrava quasi che fosse passato poi di nuovo un dottore che ti dice “si è aggravato, abbiamo dovuto intubarlo, non si potrebbe ma la faccio entrare lo stesso in terapia intensiva, tenete il telefono sempre acceso”. La paura la collego alla solitudine, entrambe le volte in cui mi hanno detto che mio padre era grave ero sola, da sola percorrevo la strada da casa all’Ospedale, era un rito, sempre uguale, camminavo e dentro di me immaginavo di essere seduta al capezzale di mio padre e di ripetergli “respira, respira, respira, non smettere di respirare”. Poi le cose sono andate bene, è migliorato e poi guarito, ricordo quei giorni distintamente ma non ricordo più la paura, un po’ come quando dicono che le donne non ricordano più il dolore del parto, forse è la natura che ci protegge per non farci impazzire.
Non so cosa desidero, le solite cose, la salute, la felicità, cose così, non credo di avere un desiderio da perseguire ma tante piccole cose, magari anche legate al momento, un gelato, delle domeniche limpide per andare a camminare con gli amici e il cane, delle cene con persone interessanti, un libro che mi tenga legata alle sue pagine dall’inizio alla fine, la tranquillità.