Alberto Sigala
La mia più grande paura fin da piccolo è il buio, potrebbe far ridere ma ragionandoci bene penso che sia una fobia molto più profonda e complicata di quello che si pensi.
A mio parere il buio vuol dire stare soli e per il bambino che sono è una angoscia enorme per tre motivi:
il primo, l’insicurezza;
il secondo, l’esclusione.
il terzo, l’abbandono.
I tre motivi sono strettamente collegati, spesso uno è la causa o la conseguenza dell’ altro.
Non ho mai capito effettivamente se la mia insicurezza è dovuta al sentirmi escluso o la mia esclusione è dovuta alla mia insicurezza, ma anche se ho passato anni a dare la colpa agli altri di tutto ciò, ho compreso solo adesso che in realtà il principale artefice di questo timore sono io.
Sono il più piccolo di una famiglia molto grande non serve dire che sono sempre stato “escluso” su molte cose per l’età, questo mi ha portato negli anni a voler saltare tappe per crescere e fare ciò che fanno i grandi così da sentirmi accettato.
Ora ho quasi 19 anni, la patente, un’ indipendenza economica e più o meno un’ idea di dove collocarmi nel mondo, ma più andavo avanti più capivo di voler coltivare la mia personalità per essere accettato per quello che sono.
Ero certo, per un secondo, di aver battuto quell’ insicurezza e quell’ odio nel essere escluso creando una personalità sempre più forte invece sono cresciute con me e unite in un grande e unico timore: l’ abbandono.
Non lo riesco a controllare, è più forte di me. Quando entro in una relazione, istintivamente mi viene da dare piena fiducia e sentimento nei confronti dell’ altra persona senza pretendere un confronto alla pari, mi sento più forte della mia paura. Ma quando la relazione finisce la mia paura mi travolge e dalla stanza calda e solare di prima mi ritrovo in poco tempo in una stanza buia, umida e da solo.
Ci impiego tanto tempo a metabolizzare l’abbandono e in quel periodo sono un cieco davanti alle tante possibilità che la vita mi presenta.
Quando mi rialzo riesco ad aver un po’ più di coscienza sul mio valore e spero che crescendo io riesca sempre di più ad accettare questo mio mostro, perché le paure non si sconfiggono scappando o affrontandole di petto ma convivendoci e capendole.
Nella mia vita, un po’ come tutti, ho desiderato tante cose, situazioni o persone ma non le definisco tali a un desiderio, esso per me è qualcosa di più grande.
Più vado avanti più lo vedo un qualcosa che è stupendo e rimane tale solo se non lo si raggiunge del tutto.
Con quest’ ultime parole non intendo dire che non bisogna credere nei propri sogni, anzi, sono giovane e sono consapevole che se non lo faccio io non potrebbe farlo nessuno.
Trovo affascinante tutto il percorso, le speranze, l’ esperienze che il raggiungere un sogno può dare, ma allo stesso tempo non mi capacito di come una cosa tanto sudata una volta ottenuta spesso perda improvvisamente valore.
Per me il desiderio è sinonimo di “vivere”, in parole povere è la carota che penzola davanti al cavallo per trascinare la nostra carrozza, senza di lei saremmo fermi senza motivazioni per cui faticare.
Lo definisco tale perché ho sempre creduto che un uomo senza uno scopo non sta vivendo ma staarrendendosi ai desideri altrui.
Dall’ altronde non sono nemmeno d’accordo su chi pensa che “l’ arrivare” appagherà per sempre la nostra persona.
Spesso ho paura di desiderare, non solo per il fatto che non mi sento all’altezza di grandi sogni ma anche per il cambiamento che potrebbe creare nella mia vita questo percorso.
Questo è il desiderio per me, un qualcosa di non ben definito che non sarà mai e poi mai conclusivo a se stesso ma porterà ad altri sogni per cui l’ uomo correrà, faticherà, piangerà e sorriderà per aver dato un senso alla sua vita.